Comunicazione

Brunello Cucinelli, re del cashmere si racconta in una (bellissima) intervista

Di Redazione Millionaire 10 febbraio 2016
Nel 1978 ha creato un’azienda che oggi supera i 450 milioni di dollari ed esporta prodotti in tutto il mondo. Eppure Brunello Cucinelli, 63 anni, imprenditore, soprannominato il “Re del Cachemire”, non ha mai venduto la sua “anima” al business ed è sempre stato attento all’etica e al benessere dei suoi lavoratori. L’imprenditore stanzia il 20% degli utili della sua azienda alla sua fondazione non a scopo di lucro a nome della “dignità umana” e paga i suoi lavoratori salari del 20% superiori rispetto allo standard del settore, permettendo così alla sua impresa di promuovere la prosecuzione della tradizione artigianale italiana. Cucinelli finanzia anche la Scuola dei Mestieri di Solomeo, i giovani che la frequentano sono liberi di lavorare per la sua impresa o per altre imprese italiane. I suoi dipendenti lavorano dalle 9 alle 17:30 e non devono rinunciare al tempo libero: c’è un vero divieto di inviare e ricevere email dopo quell’orario.

Il resto lo racconta lui stesso in un incontro davanti a un caffè con Om Prakash Malik, celebre scrittore di web e tecnologia americano. L’intervista è davvero bella e condividiamo con voi alcuni brani (qui puoi leggerla integralmente: http://pi.co/brunello-cucinelli-2/).

Om: Ha lasciato la facoltà di ingegneria all’università per produrre maglioni in cachemire. Che cosa la attraeva nel cachemire?

Brunello: «Avevo letto l’autore americano Theodore Levitt che affermava che i paesi industrializzati dovevano produrre beni artigianali speciali, perché un giorno sarebbero arrivati sul mercato nuovi attori che avrebbero prodotto gli stessi articoli ma a un prezzo più basso. L’idea di produrre beni di lusso, il “made in Italy”, ha sempre fatto parte di me. Perché il cachemire? Perché è un materiale che teoricamente non si getta mai. Un pullover di cachemire non si butta mai via. L’idea di produrre qualcosa che dura per sempre, che non getti mai mi piaceva moltissimo. Ovviamente all’epoca non avevo un soldo in tasca, assolutamente nulla. Avevo questa idea di costruire un’impresa con una o due persone e di restituire dignità al lavoro».

Om Malik: Ho letto di lei e sono rimasto affascinato dal suo percorso e, più importante ancora, dal modo in cui gestisce la sua impresa. Da dove proviene l’ispirazione?

Brunello: «Dagli occhi di mio padre lucidi di lacrime. Quando vivevamo in campagna l’atmosfera, l’ambiente, la vita – tutto era bello. Eravamo semplici agricoltori, niente di speciale. Poi mio padre andò a lavorare in fabbrica. Veniva umiliato e offeso, il suo lavoro era veramente pesante. Non si lamentava della durezza del lavoro o del basso salario che ne ricavava, ma diceva sempre: “Che male ho fatto a Dio per essere umiliato così?”. In pratica, che cos’è la dignità umana? Se lavoriamo insieme e anche con un solo sguardo ti faccio capire che non vali nulla, guardandoti dall’alto in basso, è come se ti stessi uccidendo. Al contrario, se ti rispetto, se ho stima di te, il risultato sarà una tua maggiore responsabilità. Il frutto di questa responsabilità è la creatività, perché qualunque essere umano è portatore di una parte di genio. L’uomo ha bisogno della dignità più di quanto non abbia bisogno del pane».

Om: Come riconciliare tutto questo con un mondo in costante movimento, 24 ore su 24, 7 giorni su 7?

Brunello: «Per fare un esempio, quando chiamiamo il nostro ufficio di New York nessuno ci chiede: “ciao, come stai? Come va la tua giornata?”. Non lo chiede nessuno. Se tutto deve essere così rapido e “sul pezzo”, quanto tempo rimane per la mente? Le cose dovrebbero essere fatte in modo che se per trattare in profondità una questione sono necessarie tre ore dovremmo dedicarle tre ore. Qui si comincia a lavorare alle otto di mattina e a partire dalle 17:30 c’è un vero proprio divieto di continuare a lavorare. La prima volta che sono andato a New York avevamo un piccolo ufficio e tutti si inviavano messaggi di posta elettronica fra di loro. Ho detto subito: “Così non va proprio. Ora vi alzate e andate dal vostro vicino di tavolo e gli chiedete quello che gli dovete chiedere, lo fate di persona, ci vuole un attimo”. Prima di tutto è importante guardarsi negli occhi, percepire la vicinanza, la presenza».

brunello cucinelli foto 2

Om: Lei è il proprietario di un grande marchio. Cosa c’è dietro il suo brand?

Brunello: «Volevo che il mio marchio avesse il mio volto. Volevo che i prodotti trasmettessero la cultura, la vita, lo stile e la dignità del lavoro. Siamo una società quotata in borsa e io volevo produrre un prodotto con dignità. Volevo un profitto con dignità. Sulla stampa tutti parlano della morale e dell’etica del profitto. Perché allora non si può avere un profitto dignitoso? Lei comprerebbe un articolo se sapesse che chi l’ha prodotto ha fatto del male o comunque ha danneggiato l’umanità? Probabilmente no. E non lo comprerebbe nemmeno se sapesse che quell’impresa ha fatto utili spropositati. I nostri maglioni di cachemire hanno un prezzo di vendita di 3000 dollari, ma il profitto deve essere dignitoso. Deve rispettare il produttore delle materie prime, l’artigiano e tutti coloro che lavorano per l’impresa. E anche il consumatore deve essere rispettato. Deve esserci un equilibrio tra tutti questi fattori».

Om: Una volta ha detto che gestire un’impresa è semplice. Mi piacerebbe che mi dicesse qualcosa di più in proposito. Quali sono i principi imprenditoriali che altre persone, altri imprenditori possono apprendere dalla sua esperienza?

Brunello: «Bisogna credere nell’essere umano, nella creatività di un’impresa. Supponiamo di avere un’azienda di 1000 persone. Magari ci è stato detto che tra questi ci sono soltanto due o tre persone geniali. Ma io credo che in un’azienda di 1000 persone ci siano 1000 geni. Si tratta semplicemente di geni di tipo diverso, con un diverso grado di intensità. Ogni due mesi teniamo una riunione con tutto il personale, cui partecipano tutti. Anche la persona che svolge le mansioni più umili sa esattamente qual è stata l’ultima boutique che abbiamo aperto. Tutto si basa sulla stima e la stima genera creatività. Tutto è visibile, quando le cose vanno bene e quando vanno meno bene. Quando siamo tristi, quando siamo preoccupati, quando siamo felici: se si mostrano tutti questi stati d’animo si è credibili. Ecco perché dico che è semplice».

24 marzo 2016, 16:03